Tutto quello che incontriamo nella vita e che ci da la sensazione di “essere vivi”, di “risvegliarci”, fa parte degli stimoli che riceviamo per ricordare il nostro sogno. Potremmo pensare che il nostro “sogno” sia vivere con un’altra persona, o l’amore che proviamo per lei; che sia la sensazione di appagamento che ci danno i successi al lavoro, oppure le emozioni che proviamo scalando una parete di roccia o danzando con ebbrezza. Ma tutti questi sono soltanto aiuti, che indicano (come il dito la luna) ciò che c’è dentro di noi. E nel momento in cui vengono a mancare spesso potremmo prendercela con il dito, e non vedere la luna.
Forse il sogno è ciò che gli antichi e spesso ancora oggi alcuni chiamano l’angelo custode. O l’angelo custode è ciò che ci spinge verso quel sogno, indicandocelo continuamente.
Di fatto il sogno si traduce in un compito: seguire la Direzione. Il compito emerge quando la sensazione del sogno comincia a radicarsi, ed è impossibile negarne l’evidenza. Allora è necessario seguire i suoi dettami, che corrono sul cordone delle esperienze, mutando continuamente, offrendo spunti per la comprensione e indicazioni per la coerenza con se stessi. E’ l’impegno con il sacro dentro di sé. Questo impegno svela la Direzione, e si traduce in maniere in cui si vedono le cose e le si osservano, in modi in cui le si valutano, le si sentono, e le si agiscono di conseguenza.
La Direzione è il continuum temporale del Sogno: ciò che il sogno è in un punto, in un momento, la direzione lo traduce in un continuo, che prosegue la sua traiettoria sulla curva spazio-tempo della realtà.
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